Il linguaggio degli emisferi cerebrali

di Antonio Beatrice

I due emisferi cerebrali assolvono funzioni ben distinte tra loro e sono collegati attraverso una sezione callosa. I nostri comportamenti sono una risultante dello scambio di informazioni dei nostri due emisferi che agiscono in maniera differente tra loro.

Nel nostro percorso analizzeremo solo gli aspetti che, incidendo sulla comunicazione in generale, hanno applicazioni operative nelle interazioni: la comprensione degli altri, la vendita, la gestione delle risorse umane, il caoching, etc…

Nell’emisfero sinistro risiedono le funzioni del linguaggio “digitale”; per linguaggio digitale intendiamo quello rappresentato da una codifica convenzionale (sequenza organizzata di lettere).

Nell’emisfero destro risiedono invece le funzioni di percezione sensoriale; immagini, suoni, odori, sensazioni tattili, gusto, etc……

Per comprendere meglio questa divisione è opportuno utilizzare un esempio:

la parola “albero” è composta da una sequenza di lettere; la parola “Alberto” la otteniamo aggiungiangendo una “t” tra la “r” e la “o”.

Pur trattandosi di una lieve modifica il significato assunto dalla nuova parola è completamente diverso. La capacità di riconoscere il nuovo significato risiede nell’emisfero sinistro. L’emisfero destro in questo caso lavora di riflesso.

L’informazione di partenza è la parola “albero” che una volta decodificata dall’emisfero sinistro attiva un processo di “ricerca transderivazionale” che genera l’immagine di un albero nell’emisfero destro (rappresentazione interna).

Ovviamente in ogni persona la rappresentazione interna dell’albero sarà differente, ciascuno attingerà alle proprie immagini interiori (pino, abete, quercia, arancio, molti rami, pochi rami, molte foglie, poche foglie, grande, piccolo, con sfondo, senza sfondo, etc…….) in base al proprio vissuto sensoriale.

La parola “Alberto” stimola rappresentazioni che sono totalmente diverse da “albero+ una t”, questo grazie al filtro di decodifica dell’emisfero sinistro.

Se vogliamo seguire il percorso inverso e comunicare prima con l’emisfero destro dobbiamo necessariamente rappresentargli un

che a sua volta genererà una sequenza di lettere nell’altro emisfero.

Questo percorso inverso è estremamente più veloce. Per quanto non rilevabile senza strumenti specifici, la velocità è di gran lunga superiore. Con le giuste rappresentazioni interne alcuni atleti riescono a compiere gesti performanti ai quali solo dopo, e non sempre, riescono a dare una spiegazione.

Un caso emblematico può essere quello di Diego Armando Maradona, atleta dotato di un emisfero destro potentissimo e di un emisfero sinistro poco allenato. Osservando i suoi gesti al rallentatore ci accorgiamo che non erano più rapidi nell’esecuzione ma più semplicemente erano “in anticipo” e sfuggivano pertanto al controllo di qualsiasi difensore.

La spiegazione è molto semplice: in comunicazione come in pubblicità si dice “l’emisfero sinistro decide ma è quello destro che agisce”.

Alla guida di una vettura in una situazione di pericolo improvviso, ad esempio, ci si può trovare ad avere dei tempi di reazione che sorprendono lo stesso conducente che spesso dichiara “non so come ho fatto a evitare …..”.

Questo accade perché in una situazione di pericolo improvviso è l’emisfero destro (l’istinto) a prendere il controllo e l’azione avviene saltando il normale processo di comunicazione tra i due emisferi.

Nella comunicazione la cosa appare lampante quando per presentare un ragionamento astratto ci avvaliamo di un esempio. A volte succede che, proprio davanti a particolari complessità, è lo stesso interlocutore che ci dice: “fammi un esempio”.

L’esempio consente all’emisfero destro di formare delle immagini e delle rappresentazioni che accelerano in maniera esponenziale il processo di comprensione.

E’ importante quindi tenere conto del fatto che tutte le volte che utilizziamo delle parole, in special modo con gli esempi, queste generano delle rappresentazioni interne nel nostro interlocutore.

Le rappresentazioni interne sono un elemento essenziale dello stato emotivo (funzione propria dell’emisfero destro). E’ importante, quindi, soffermarsi su queste dinamiche.

Quando guardiamo un film al cinema o alla tv che ci condiziona lo stato emotivo, sia esso una commedia particolarmente spassosa o un thriller ad alta tensione, il nostro stato è condizionato da una serie di stimoli (immagini, musica, dialoghi, etc….); questo cambiamento di stato emotivo è “razionalmente ingiustificato”.

Cosa intendiamo per razionalmente ingiustificato?

Per il nostro emisfero sinistro (razionale) si tratta solo di un film, di una finzione. Partendo dal presupposto razionale che quel che la pellicola ci rappresenta, indipendentemente dalla bravura del regista, non è reale, nessun coinvolgimento emotivo è “razionalmente” spiegabile.

Il fatto, però, è che non solo il nostro stato emotivo è fortemente condizionato dalle rappresentazione cinematografica ma addirittura lo stato emotivo permane anche dopo che il film è terminato.

Quante volte dopo un film horror si ha difficoltà a prender sonno?

E’ successo che dopo un film molto divertente si resta di buon umore e si continua la serata in allegria?

A poco serve “razionalizzare” il concetto che si tratta “solo di un film”; l’emisfero destro è ormai fortemente impressionato e occorrerà del tempo e in particolare delle nuove rappresentazioni interne per determinare un ulteriore cambio di stato mentale.

In sintesi possiamo affermare che lo stato emotivo è fortemente condizionato sia dalle  rappresentazioni reali sia da quelle immaginarie e che questi condizionamenti resistono alle spiegazioni razionali.

Si tratta dello stesso meccanismo che si genera quando ci svegliamo al mattino dopo aver vissuto una esperienza “forte” in sogno e la prima parte della nostra giornata ne risulta condizionata.

A volte abbiamo l’impressione di aver visto o sentito qualcosa che ci suggestiona; dopo ci accorgiamo che si trattava di una “svista” ma nel frattempo il nostro stato ne resta influenzato.

Un altro aspetto del quale bisogna tener conto è che l’emisfero destro comprende solo il positivo.

Questo è implicito nel fatto che essendo il linguaggio dell’emisfero destro fatto esclusivamente di immagini, suoni, odori, etc…. è praticamente impossibile rappresentare la negazione di un concetto.

Proviamo per puro esercizio a rappresentare l’immagine di noi stessi che NON tagliamo un albero; possiamo rappresentare l’immagine di noi che facciamo altro o l’immagine di noi che tagliamo un albero con una croce sopra (che l’emisfero destro legge come una cancellazione di una cosa fatta), ma non possiamo assolutamente comporre un immagine di noi che NON facciamo qualcosa.

Per lo stesso motivo se ti chiedo di NON pensare ad un albero l’immagine che si forma nella mente è esattamente quella di un albero.

Sempre per la stessa ragione “possiamo stare tranquilli” ottiene un risultato e “non dobbiamo preoccuparci” ne ottiene un altro (l’emisfero sinistro comprende bene di poter star tranquillo mentre il destro associa lo stato di preoccupazione; il risultato è un piccolo conflitto di emisferi che lascia una sensazione di “irrisolto”).

Succede nella nostra comunicazione di utilizzare un linguaggio che non può essere compreso dall’emisfero destro. Un istruttore di tennis che dice “non portare il peso del corpo indietro” ottiene un effetto diverso rispetto ad uno che dice “tieni il peso del corpo in avanti”, anche perché dei due emisferi che andranno in conflitto quello che decide l’azione è proprio quello al quale il primo istruttore ha dato un messaggio contrario.

In alcune aziende spesso sentiamo “quante volte ve lo devo dire che non dovete…….”. Direi che è piuttosto semplice spiegarsi il “quante volte”!!

Nell’attività di coaching una delle fasi più importanti è quella in cui si lavora sulla convinzione di autoefficacia. La convinzione di autoefficacia va raggiunta necessariamente con entrambi gli emisferi. E’ quindi fondamentale che la persona si convinca razionalmente di disporre dei mezzi e delle risorse necessarie per ottenere il risultato ed allo stesso tempo è necessario che le sue rappresentazioni interne producano la “percezione di se stesso che raggiunge il risultato”. Ripetere mentalmente o dirsi ripetutamente “ce la posso fare, ce la posso fare” è poco efficace, perché è come chiedere all’emisfero sinistro di convincere il suo opposto.

L’approccio più proficuo è instaurare due dialoghi differenti con i due emisferi:

  • dialogare con l’emisfero sinistro analizzando le risorse, pianificando il loro impiego e definendo le sequenze ottimali (strategie);
  • comunicare con l’emisfero destro utilizzando il suo linguaggio (le rappresentazioni interne) per percepire il risultato sul piano sensoriale.
    In questo senso l’utilizzo di tecniche di PNL come la dissociazione, la timeline, il ponte sul futuro, gli ancoraggi, così come gli interventi sulle sub-modalità delle rappresentazioni interne risulta essere molto efficace soprattutto quando il dialogo avviene a basse frequenze cerebrali, in una fase di rilassamento tipo training autogeno o ipnosi ericksoniana.

Nella vendita in generale è fondamentale tener conto delle rappresentazioni interne e dello stato emotivo del nostro interlocutore.

Comprare un nuovo telefonino mi proietta a quando lo userò, a quando i miei amici mi diranno “che bello, è nuovo?” e ciò semplifica in genere la questione delle rappresentazioni interne.

Nella vendita dei prodotti assicurativi, invece, la questione delle rappresentazioni interne è uno dei nodi più importanti da sciogliere.

La manifestazione di utilità di una copertura assicurativa appare come “futura, incerta e accidentale”.

Diventa quindi quasi automatico presentare le coperture assicurative generando rappresentazioni di situazioni spiacevoli (infortuni, malattie, morte, incendio, furto, etc……).

Va da se che rappresentazioni interne non positive o dolorose, anche se solo immaginarie,  generano uno stato di ansia dal quale scaturisce un “conflitto di emisferi”; il risultato è la paura di decidere, il desiderio di scappar via dalla situazione, l’ancoraggio emotivo dello stato alla persona che lo ha generato.

Nella maggior parte delle proposte assicurative su prodotti che tutelano la persona da rischi con conseguenze di grande entità (gravi malattie, invalidità, morte), l’esito è che l’emisfero sinistro si convince dell’importanza delle coperture mentre il destro fugge via spaventato. Il conflitto si risolve con un “mi lasci un preventivo e le faccio sapere”. Il desiderio di rinviare è una situazione tipica del conflitto di emisferi. Raramente il preventivo sarà preso in esame (salvo che l’assicuratore non torni alla carica) perché i due emisferi eviteranno il conflitto rivolgendo la loro attenzione ad altro.

Abbiamo testato due tipi di approcci. Nel primo abbiamo chiesto a più agenti di assicurazione di proporre in maniera tradizionale una copertura infortuni, più o meno dicendo: “….caro signor Rossi, con questa polizza lei si assicura contro il rischio di infortunio che abbia come conseguenza una invalidità permanente. Una invalidità dell’ 80%, come ad esempio la perdita totale di entrambe le mani o del loro uso, le da diritto ad un indennizzo pari a 200.000 euro, fondamentali per garantire assistenza a lei e un minimo di sostegno economico alla famiglia. Ovviamente si tratta di un esempio, facciamo gli scongiuri……”

Ad altri agenti di assicurazione abbiamo chiesto di seguire un approccio con argomentazioni di questo tipo: “Bene sig. Rossi,  mi sembra di aver capito che è lei la principale fonte di reddito in casa. In pratica, oltre a sostenere tutti gli impegni economici, lei è anche la persona che si occupa degli aspetti finanziari, legali, delle utenze, di seguire le manutenzioni domestiche…. Penso anche che se volessimo dare un valore economico a tutte le cose che lei fa per la casa e la famiglia probabilmente occorrerebbero tre stipendi. Ora signor Rossi,  è proprio perchè lei è centrale rispetto a tutto l’universo che sostiene ogni giorno, che a mio avviso è fondamentale che lei sia assicurato contro gli infortuni.

In particolare, non mi riferisco al piccolo infortunio che provoca una distorsione alla caviglia, quello non ha conseguenze economiche reali. Mi riferisco a quegli infortuni che possono limitare in maniera permanente la possibilità di produrre reddito. Lei porta soldi in casa con il suo lavoro e si da da fare ogni giorno, compiendo centinaia di gesti quotidiani che producono valore in opere forse ancora più importanti dei soldi, come occuparsi dei bagagli quando si va in vacanza o guidare per dieci ore di fila … gesti con i quali lei sostiene la sua famiglia. Lei è il pilastro sul quale si regge tutto. Questo è un bene prezioso che va tutelato.”

I risultati del secondo approccio sono stati circa 6,5 volte superiori!!

Inoltre ciò che più di ogni altra cosa ha sorpreso gli agenti stessi (inizialmente scettici) è stata la riduzione verticale del numero dei rinvii e il miglioramento sostanziale del feeling che si instaurava con il potenziale cliente.

Dal un punto di vista delle rappresentazioni interne, il primo approccio produce una sensazione di ansia che spinge l’emisfero destro verso la fuga e che non consente neppure al cliente di prendere una decisione serena e consapevole.

Nel secondo approccio, le riflessioni sono dirette principalmente al valore delle attività che la persona svolge nel suo quotidiano e le rappresentazioni interne stimolate sono prevalentemente potenzianti. Abbiamo inserito anche uno stimolo sul piccolo infortunio senza conseguenze economiche (comando nascosto – non mi riferisco a…….), poco intenso e quindi più facilmente sostenibile.  E’ presente anche uno stimolo di riflessione su “limitazioni permanenti della capacità di produrre reddito” ma la linguistica utilizzata è volutamente diretta a scollegare l’emisfero destro e a ridurre al minimo le rappresentazioni interne che, se presenti, hanno avuto comunque una breve durata in quanto subito ne venivano stimolate altre di tipo potenziante.

Nella gestione delle risorse umane la comprensione del linguaggio degli emisferi è determinante sia per gli innumerevoli ambiti di applicazione legati alla comunicazione del leader verso i collaboratori, sia per la comprensione, da parte del leader, dei messaggi contenuti dai feedback ricevuti.

Le rappresentazioni interne incidono direttamente sulla linguistica (e viceversa), quindi se quando parliamo è importante rivolgerci ad entrambi gli emisferi, quando ascoltiamo è altrettanto importante tenere conto del contenuto verbale, di quello non verbale (mimica, gestualità, postura, espressioni, gesti) e di quello paraverbale (tono, volume, ritmo, pause) del nostro interlocutore, per comprendere anche ciò che non è esplicitamente espresso.

Affidare un incarico a un collaboratore, ad esempio, che ci dice “non penso che questa sia la soluzione migliore” è cosa ben diversa dall’affidarlo a uno che ci dice”….penso che questa non sia la soluzione migliore”.

Salvo che non via sia una leadership di posizione troppo forte, nel primo caso la linguistica esprime una generica opinione (un dubbio) che andrà comunque approfondita. Potrebbe trattarsi di una difficoltà oggettiva, del fatto che probabilmente il collaboratore non si sente all’altezza del compito o ha paura di deludere il suo capo o, semplicemente, non ha ancora tutti gli elementi per avere il controllo dell’incarico o di altro ancora. L’aspetto importante è che si tratta di un dubbio ed è sicuramente più semplice scendervi nel merito, instaurare una comunicazione e individuare soluzioni ed eventuali supporti.

Nel secondo caso, invece, la linguistica utilizzata esprime una convinzione che richiede una “ristrutturazione”, lavoro molto più complesso sul piano della comunicazione che verosimilmente incontrerà resistenze ben maggiori.

La stesso esempio può valere anche nella vendita (gestione delle obiezioni) o più semplicemente in una interazione tra padre e figlio.