Kurzweil: La tecnologia è un processo esponenziale

di Rita Esposito

E’ tempo di “rompere gli schemi” con cui si è abituati a processare la nostra realtà. La realtà cambia e cambierà sempre più velocemente.
Ray Kurzweil si fa portavoce del nuovo progresso che il genere umano si troverà a vivere: quello della sua integrazione con le proprie tecnologie.
Inventore, informatico e saggista statunitense, Kurzweil è stato pioniere nei campi del riconoscimento ottico dei caratteri, nel text-to-speech, nelle tecnologie sul riconoscimento del parlato e degli strumenti da tastiera elettronici e autore di numerosi libri sulla salute, l’intelligenza artificiale, il transumanesimo e la singolarità tecnologica.

Il passato ha usato se stesso per creare il futuro!

Kurzweil partendo dall’analisi storica del progresso tecnologico dimostra che l’evoluzione della tecnologia è un processo a crescita esponenziale e non lineare.
Un processo evoluzionistico, e sia la biologia che la tecnologia sono processi evoluzionistici, nel tempo accelera.” Per quale motivo? “Funzionano per interazione, cioè creano una funzionalità, e poi usano quella funzione per fare il prossimo passo”.

Guardando, infatti, su un grafico in scala logaritmica i pilastri dell’evoluzione biologica prima e umana poi, si vede una tendenza molto chiara: una radicale e profonda accelerazione del processo evoluzionistico.

Partiamo dalle origini… “Il primo passo nell’evoluzione biologica, l’evoluzione del DNA, ci ha messo miliardi di anni, ma poi l’evoluzione ha usato quella spina dorsale di processo d’informazione per fare il passo successivo. L’esplosione Cambriana, quando tutti i corpi animali si sono evoluti, ha richiesto solo 10 milioni di anni, 200 volte più veloce. E poi l’evoluzione biologica ha continuato ad accelerare fino ad approdare all’Homo Sapiens, la prima specie che ha creato la tecnologia, la specie che ha unito la funzione cognitiva con un appendice opponibile” e ha richiesto centinaia di migliaia di anni. Dai primi strumenti di pietra l’uomo ha sempre usato la tecnologia di ultima generazione per creare la generazione successiva: la stampa ci ha messo un secolo per essere adottata, i primi computer erano progettati con carta e penna, ora usiamo computer.”

Il tasso di adozione di nuove idee raddoppia ogni decennio: “Ci abbiamo messo mezzo secolo per adottare il telefono, la prima tecnologia della realtà virtuale […] Tecnologie recenti, come il PC, il web, i cellulari, in meno di un decennio.”

Si potrebbe pensare che questo processo esponenziale sia il risultato di qualche esperimento da tavolo, invece è il risultato del comportamento caotico del mondo intero: nazioni che si accusano a vicenda di svendere prodotti, mercato azionario, bancarotte, piani di marketing.

Sembrerebbe un processo molto irregolare, e invece la crescita esponenziale è un risultato molto omogeneo. Non possiamo predire alcun progetto in particolare, ma solo il risultato di questa intera, mondiale caotica, imprevedibile attività di competizione. Ed il processo evoluzionistico della tecnologia è molto prevedibile. E possiamo predire queste tendenze per il futuro lontano.

Man mano che facciamo transistor più piccoli e meno cari, gli elettroni hanno una minore distanza da percorrere. Sono più veloci, abbiamo una crescita esponenziale nella velocità dei transistor, così il costo del ciclo di un transistor sta calando, con un tempo di dimezzamento di 1,1 anni. Aggiungete altre forme di innovazione e design di processori, ottenete un rapporto qualità prezzo nei computer che raddoppia ogni anno.

Il risultato è in pratica una deflazione, una deflazione del 50%. E non è solo coi computer. È vero per il sequenziamento del DNA, è vero per la TAC del cervello, è vero per Internet.”

La tecnologia diventa a buon mercato, il che significa renderla fruibile per un numero sempre più ampio di persone.

L’uomo sta così generando potenziale per superare la malattia e la povertà… “Nel 1990, nell’Asia dell’Est e nella regione del Pacifico c’erano 500 milioni di persone che vivevano in povertà… quel numero oggi è sceso a 200 milioni. La Banca Mondiale prevede di scendere sotto i 20 milioni per il 2011, che è una riduzione del 95%.”
Oggi si sta arrivando a capire i programmi di software che fanno funzionare il nostro corpo e si sta imparando a manipolare e modificare questi programmi software attraverso la rivoluzione biotecnologica.

Anche le dimensioni della tecnologia stanno diminuendo ad un tasso esponenziale e lo studioso fa riferimento ai lavori di Eric Drexler (il coniatore del termine ‘nanomacchina’ – ndr) indicando “L’opportunità più emozionante di poter davvero entrare nel corpo umano e effettuare funzioni terapeutiche e diagnostiche. […] Queste cose sono già state fatte su animali.” Le opportunità terapeutiche delle nanotecnologie vanno dalla cura del diabete al potenziamento fisico e fisiologico: “C’è un congegno di nano ingegneria che cura il diabete, è grande come una cellula ematica. Se ne iniettano decine di migliaia nel sangue (è stato provato sui topi) che rilasciando insulina in maniera controllata, curano il diabete di tipo 1. C’è, inoltre, un progetto di un globulo rosso robotico: un’analisi di questo respirocita, progettato daRob Freitas, indica che se si sostituisce il 10% delle cellule sanguigne con queste versioni robotiche, si potrebbe fare uno sprint Olimpico per 15 minuti senza fare un respiro oppure si potrebbe restare seduto in fondo alla piscina per ore (“Tesoro, sono in piscina” assumerà un significato del tutto nuovo)”.

Facciamo un balzo nel futuro…

Ci fonderemo con la nostra tecnologia […] Se andiamo al 2029, avremo la piena maturità di queste tendenze, e dovete rendervi conto di quanti giri di lancette in termini di generazioni tecnologiche che stanno diventando sempre più veloci avremo a quel punto. Intendo, avremo un aumento di 2 alla 25sima potenza nel rapporto qualità prezzo, in capacità e larghezza di banda di queste tecnologie, il che è abbastanza fenomenale. Sarà milioni di volte più potente di oggi.” L’uso delle nanotecnologie consentirà un’espansione straordinaria dell’intelligenza umana attraverso l’accoppiamento delle potenzialità intellettive delle macchine (memoria, precisione, velocità, ripetitività) con quelle proprie della mente umana (riconoscimento pattern, creatività, individualità)”.

Inoltre, Kurzweil parte dall’accelerazione tecnologica per realizzare che la maggior parte delle invenzioni hanno scarsa diffusione e utilizzo non perché la Ricerca e Sviluppo non riesca a farle funzionare, ma perché il momento del rilascio è sbagliato.

Le tecnologie devono avere un senso alla fine del progetto, che deve tenere conto del fatto che il mondo sarà un posto diverso alla sua conclusione. Così Kurzweil è diventato un cultore appassionato delle tendenze tecnologiche individuando dove la tecnologia si sarebbe trovata in momenti diversi nel tempo, iniziando a costruire modelli matematici su questo fenomeno. Qualcuno dirà: “beh, non possiamo predire il futuro!”, ma per Kurzweil è diverso: “Se chiedete a me se il prezzo di Google tra tre anni sarà più alto o più basso dell’attuale, è molto difficile da dire. Quale tra WiMax, CDMA, G3 sarà lo standard del wireless tra tre anni? È difficile da dire. Ma se mi chiedete quanto costerà un MIPS (milioni di istruzioni al secondo) di potenza di computer nel 2010, o il costo, per coppia di basi, di una sequenza di DNA nel 2012, o il prezzo per spedire un Mb di dati per via wireless nel 2014, viene fuori che queste cose sono molto prevedibili”.

Quindi per avere successo è importante riuscire a prevedere le tendenze del futuro? ”Lo scenario del futuro è quello in cui il ritmo del cambiamento sarà così rapido e il suo impatto così profondo che la vita umana ne sarà trasformata in modo irreversibile…”e questa accelerazione della storia riguarda tutti gli ambiti e ha conseguenze dirette e repentine sulle dinamiche economiche.

Parliamo di sicurezza stradale, ad esempio….

Gli incidenti stradali nascono con gli autoveicoli alla fine del ‘700 e la prima vittima della strada risale alla fine dell’800. I primi codici della strada sono dell’inizio del ‘900 quando le automobili non erano ancora molto diffuse ma i carri trainati dai buoi stavano già causando problemi alla circolazione. Da allora la spinta alla ricerca e sviluppo per raggiungere sempre maggiori standard di sicurezza. Negli anni ’20 nascevano i primi semafori, dopo circa 50 anni le cinture di sicurezza diventavano obbligatorie e negli anni ’80 le case automobilistiche adottavano gli airbag (allora sulle Mercedes, oggi di serie sulle utilitarie!). Oggi le applicazioni delle tecnologie dell’informazione hanno portato ai tutor, ai GPS e ai sensori anti-collisione ed ai sistemi radar che segnalano situazioni di pericolo mentre si è alla guida.

Nel 1970 gli incidenti stradali causavano 20-22 morti ogni 100.000 abitanti, quel numero nel 2005 si è ridotto a 8-10. Il dato è ancora molto elevato, anche se incoraggiante e si sta lavorando per ridurlo. Anche l’evoluzione dei trasporti (alta velocità, reti metropolitane, autostrade del mare), favorendo lo spostamento marittimo e su rotaie piuttosto che quello su strada, concorrerà a questo obiettivo. Lo scenario che possiamo prevedere nel giro di poco più di un decennio è una riduzione prossima allo zero degli incidenti stradali.

Che impatto avrà tutto questo sul mondo economico? Pensiamo alle compagnie di assicurazione con i loro dipendenti, intermediari e periti, ai carrozzieri, agli studi legali, all’ACI, etc…. pensiamo agli effetti sulla sanità pubblica…

Posta in questo modo può addirittura sembrare che il progresso abbia effetti negativi sull’economia, incidendo sul PIL. In realtà se immaginiamo di trovarci su un altro pianeta e di osservare queste dinamiche in maniera totalmente distaccata ci accorgiamo delle enormi opportunità che vi sono contenute. La quantità di risorse ed energie che possono essere destinate ad altro, che possono individuare nuovi scenari e convergere verso di essi contribuendo a costruire un futuro migliore per tutti.

Il nostro atteggiamento naturale di fronte ai cambiamenti è però quello di opporre resistenza. Ci comportiamo in questo modo per difendere i nostri punti di riferimento, le nostre abitudini. Lo facciamo per salvaguadare il nostro business al quale siamo giustamente legati. Più siamo spaventati da uno scenario futuro, del quale non comprendiamo le regole e nel quale non individuiamo ancora le opportunità, e più restiamo abbarbicati alle dinamiche attuali attendendo e sperando che il cambiamento si fermi o che possano addirittura tornare i “tempi in cui stavamo meglio”. Opponiamo resistenza con i sindacati, con le lobbies, con le associazioni dei consumatori, con le associazioni di categoria, utilizzando tutto il potere negoziale e contrattuale di cui disponiamo. Fin qui andiamo ancora benino.

Un po’ più preoccupante è l’atteggiamento di chi si autoconvince che è dalla realtà esterna che bisogna attendere il “ripristino dello status quo” e non ci sia nulla che si possa fare per accettare il cambiamento e riconoscervi le opportunità da cogliere.

In realtà, se il mondo accelera e va a cento all’ora l’unico modo per restare in equilibrio, mantenere la posizione e cogliere i nuovi scenari, la nuova cultura e le nuove opportunità è imparare a correre alla stessa velocità.

Difficile? Si. E’ però una regola che vale per tutti e quindi ripristina i presupposti di una sana competitività.

La Kodak, azienda leader mondiale (quasi incontrastata) nella produzione di pellicole e carta fotografiche, nonostante gli evidenti segnali di cambiamento, con l’avvento della fotografia digitale ha incontrato una tale serie di resistenze interne dovute proprio alla sua posizione di successo che le ha impedito di cogliere le nuove opportunità (servizi on-line di pubblicazione foto, cornici digitali, programmi e servizi di fotoritocco, corsi di fotografia digitale, etc…). Oggi la Kodak è un’azienda ridimensionata che occupa un ruolo marginale nella vendita delle macchine fotografiche digitali.

Sembrerà strano il paragone ma il caso Kodak, che oggi è uno tra milioni di casi analoghi, è per natura e dinamiche paragonabile a ciò che hanno vissuto, con tempi di realizzazione estremamente più lunghi, i maniscalchi di fine 800.

Disporre di nuove tecnologie significa avere anche prodotti e servizi sostitutivi, quadri normativi differenti, trasporti più efficienti; significa una diversa geolocalizzazione del business, nuovi competitors, nuove abitudini dei consumatori, etc….

Questo vuol dire che i mercati, tutti i mercati, anche quelli delle libere professioni o delle carriere aziendali diventano sempre più competitivi. Il livello di competenza richiesto è sempre più elevato, così come il livello di specializzazione. Riuscire ad orientare la propria visione strategica, ad anticipare i cambiamenti, ad adeguare strutture e processi per acquisire, conservare e incrementare vantaggi competitivi corrisponde, in buona sostanza, a posizionarsi strategicamente! Permette di restare leader in un nuovo scenario dove molti competitors lenti o attendisti sono spariti e dove la forbice della selezione naturale si è improvvisamente esasperata.

Una strategia di successo nel pensiero comune non si cambia, ebbene, in verità, una strategia di successo per restare tale deve essere costantemente aggiornata. Dedicare del tempo all’aggiornamento significa dotarsi di nuovi strumenti, consolidare vantaggi competitivi e acquisirne altri. Soltanto aprendo la mente riusciamo a leggere i segnali del cambiamento e iniziare la ricerca e lo sviluppo per aggiungere competenze, per prepararsi a governarlo e a tramutarlo in opportunità.

Quanto vale avere gli elementi e l’apertura mentale per immaginare gli scenari futuri? Con dinamiche così accelerate quanto vale intercettare un cambiamento in anticipo? Perché alla luce di tutto questo è importante investire oggi in formazione e aggiornamento?

Occorre cominciare subito a porsi in una posizione di percettività, destinare la giusta attenzione al proprio aggiornamento professionale e allo sviluppo di nuove competenze e potenziare il pensiero strategico!…

“Qualunque cosa vogliamo o sogniamo di poter fare, il futuro dipende da cosa facciamo nel nostro presente” (Ghandi).