Il valore culturale della gestione ottimale dei rischi

– di Antonio Beatrice –

La gestione ottimale dei rischi è la corretta gestione della possibilità che si verifichino eventi in grado di determinare scostamenti sfavorevoli rispetto a dei risultati attesi.

Il valore che facilmente si può riconoscere a questo tipo di attività è la riduzione dei costi; l’introduzione, infatti, di strumenti di ottimizzazione riduce al minimo il “costo di dei rischi” ai quali, se trattati in maniera non ottimale (o non trattati affatto), si vanno ad aggiungere solitamente i costi di non conformità, e quindi spreco di risorse, anche quando gli eventi sfavorevoli non si verificano.

I costi di non conformità sono rappresentati dalla non ottimale gestione delle risorse finanziarie e dalla permanenza dell’alea di rischio nella misura in cui riesce a influenzare le decisioni, anche se in maniera silente. Facciamo un esempio che riguarda le famiglie.

Spesso nel bilancio familiare si accantonano delle riserve di liquidità per far fronte agli imprevisti. L’accantonamento è generico, non ha una destinazione precisa, ma intervistando le persone emerge quasi sempre la necessità tenere immobilizzata della liquidità, anche consistente, per fronteggiare un “non si sa mai” rappresentato da eventuali necessità di cure mediche.

In questo caso la famiglia percepisce l’alea del rischio e la affronta facendo ciò che emotivamente è più corretto fare, accantonare risorse finanziarie (ritenzione attiva).

Quando però riflettiamo sulla questione con un approccio di ottimizzazione solitamente ci accorgiamo:

  1. che le risorse accantonate non sono in realtà adeguate all’entità di rischio e in caso di necessità non consentono di operare liberamente in funzione della salute bensì producono un conflitto interiore sul loro impiego (le uso sapendo che potrebbero essere sprecate e/o insufficienti oppure non le uso e mi avvalgo della sanità pubblica?). In entrambi i casi la decisione risulta fortemente condizionata dalla componente economica e comporta un danno emotivo derivante dal senso di colpa (“ho sottratto risorse importanti alla mia famiglia” contro “non ho fatto tutto il possibile per garantire la salute della mia famiglia”);
  2. che il costo dell’accantonamento delle risorse (immobilizzazione o mancata massimizzazione dei proventi finanziari dovuti alla necessità di impieghi liquidabili in breve tempo) è superiore al costo del trasferimento del rischio;
  3. che attraverso il trasferimento del rischio anche gli eventi ad elevata magnitudo possono essere affrontati con un approccio completamente scevro da condizionamenti di natura economica perchè gestiti “con soldi non propri e senza limiti di spesa”. Ne consegue un processo decisionale libero, tempestivo e sicuramente più adeguato alla circostanza.

Le considerazioni che emergono da questo esempio è che la tecnica di gestione del rischio più appropriata per i rischi ad alta magnitudo è quella del trasferimento del rischio. Ora il fatto che al verificarsi dell’evento poter disporre di una copertura assicurativa comporti una serie di vantaggi, non solo di natura economica, è abbastanza scontato. Quel che invece non è affatto scontato, almeno osservando i comportamenti tipici delle famiglie italiane, é che un approccio di gestione corretto comporti comunque un vantaggio economico anche quando non si verificano gli eventi dannosi (punto 2).

A monte di tutto ciò vi è però un valore decisamente superiore: la consapevolezza di aver agito e deciso per il meglio, approcciando in maniera ragionata e equilibrata. Questa consapevolezza riverbera i suoi effetti su tutto il vivere familiare contribuendo a eliminare alcuni forti condizionamenti dai processi decisionali e restituendo pieno godimento anche a scelte e azioni di natura differente.

Un altro valore che emerge chiaramente dalla corretta gestione dei rischi e lo sviluppo di una rinnovata ed equilibrata sensibilità rispetto a queste tematiche. La consapevolezza di poterle in qualche modo affrontare con strumenti adeguati ci avvicina anche a tematiche che emotivamente tendiamo ad allontanare (tutto ciò che è accidentale e dannoso, soprattutto per la persona o la famiglia, è difficilmente accettato dalla nostra emotività che intimamente è convinta del fatto che gli eventi spiacevoli appartengono al mondo esterno). Accade così che anche le riflessioni sulle attività e le abitudini di vita che oggettivamente comportanto una migliore salvaguardia della propria salute divengono più sistematiche e concludenti.

E’ possibile fare considerazioni analoghe ovviamente anche per altri rischi che riguardano la persona o la famiglia e in maniera ancor più semplice per ciò che riguarda le aziende e le professioni.

Una dinamica diametralmente opposta ma altrettanto significativa è possibile osservarla quando un’impresa intende tutelarsi contro i rischi del furto e in generale contro la possibilità che i propri beni possano essergli sottratti illegamente. Di norma ci si rivolge ad un fornitore per impiantare dei sistemi di protezione come impianti di allarme o mezzi fisici, ci si avvale del servizio di vigilanza privata notturna e si richiede ad un’assicuratore la copertura del rischio furto e rapina. In sede di valutazione delle somme da assicurare l’imprenditore richiede coperture spesso molto più elevate di quelle necessarie, con un costo chiaramente superiore e certamente non conforme ai principi di una corretta gestione dei rischi.

Riflettere insieme sui possibili tempi di effrazione, di carico, di fuga e di asporto della merce sottratta aiuta a definire un Massimo Rischio Probabile sicuramente più contenuto e allo stesso tempo permette di ridurre la spesa assicurativa eliminando uno spreco. Un altro valore che però si aggiunge a queste considerazioni è che portare il focus su tempi necessari per commettere un furto (o sulle possibilità e le modalità di una rapina) aiuta l’impresa a ragionare sull’integrazione dei sistemi di protezione. Un sistema di protezione è una catena tanto forte quanto il suo anello più debole, perchè è sufficiente violare uno solo degli anelli per rendere il sistema totalmente vulnerabile. Per questa ragione l’integrazione di sistemi di sicurezza fisici, con quelli elettronici e soprattutto procedurali e psicologici può permettere di incidere in maniera significativa sia sulla probabilità che si verifichi l’evento sia sul suo Massimo Rischio Probabile. Il fatto importante è che tutto ciò non avviene con un dispendio di costi per nuove infrastrutture ma semplicemente attraverso un percorso di riflessioni sull’organizzazione e sull’integrazione dei sistemi di sicurezza esistenti che non comporta alcuna spesa aggiuntiva.

Ancora più importanti sono le considerazioni che possono emergere da un buon approccio de gestione dei rischi dell’incendio, dove il Massimo Rischio Probabile è fortemente influenzato dai danni indiretti (perdita di fatturato per fermo attività e, peggio ancora, perdita di clienti).

In questo caso la prevenzione assume un valore determinante che va sicuramente ad aggiungersi al valore del trasferimento assicurativo. In alcune aziende la prevenzione incendio viene vissuta come un adempimento necessario per restare conformi alle norme imposte dai vigili del fuoco e lo stesso si può dire per la sicurezza dei lavoratori. Un’analisi attenta e un buon percorso di riflessioni aiuta le imprese invece ad utilizzare tali investimenti (che in ogni caso sono chiamate a fare) per produrre valore in termini di business continuity e fidelizzazione dei lavoratori. Spesso vi sono uomini chiave o colli di bottiglia nei processi dai quali possono dipendere l’intera produzione e per i quali è necessario predisporre dei sistemi di gestione dei rischi coerenti e funzionali.

Banalmente può anche accadere di trovare merci riposte a meno di 10 cm dal suolo e scoprire che nei bagni vi sono dei boiler elettrici con tubi di carico flessibili (quelli garantiti dal produttore fino a una pressione di 30 atmosfere ma che poi dopo qualche anno, di notte, quando la pressione è maggiore, scoppiano e al mattino ci si trova con il deposito allagato) e rendersi conto che eliminare questo rischio (inserire delle pedane o aumentarne l’altezza o soltanto sostituire il flessibile in gomma con uno in stagno) ha un costo infinitesimale rispetto al fermo attività che ne potrebbe scaturire. Ancora più semplicemente osservare che il tipo di estintori installati pur avendo una notevole capacità estinguente sono incompatibili con le merci presenti in magazzino (ad esempio gli estintori sono a polvere e le merci sono componenti elettronici) per cui in caso di incendio utilizzare un’estintore di quella tipologia comporterebbe danni alle merci di entità rilevante, paragonabili a quelli dell’incendio stesso. Anche in questo caso il costo dell’intervento sarebbe minimo, la sostituzione degli estintori avverrebbe con una semplice richiesta alla ditta che li noleggia e ne cura la manutenzione.

In sintesi un corretto approccio alla gestione dei rischi è misurabile ma ciò che invece assume un valore difficilmente stimabile è il valore che questa cultura può generare. Si innalza il ivello di attenzione ai fornitori, li si valuta in funzione della loro affidabilità ai fini della business continuity, si sviluppa una notevole sensibilità rispetto ai segnali deboli delle forze competitive (nuovi competitors, tecnologie o prodotti sostitutivi, cambiamenti normativi che impattano sul business, ….) riuscendo ad orientare il quadro startegico e il modello di business in funzione delle opportunità e delle minacce che possono presentarsi con i nuovi scenari. Anche la pianificazione finanziaria trae benefici dallo sviluppo di una corretta cultura aziendale di gestione dei rischi e questo rafforza l’azienda in tutti gli aspetti consentendole di conservare quegli equilibri economico/finanziari che favoriscono investimenti, ricerca e sviluppo, politiche del personale, ….

Concludiamo questa veloce dissertazione con una domanda: se cultura della corretta gestione del rischio e pianificazione finanziaria sono fondamentali per le scelte strategiche dell’impresa quanto possono esserlo per le scelte di una famiglia?